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RAPPORTO WWF: L’INSOSTENIBILE… PESANTEZZA DELL’ESSERE (UMANO!)

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Aumenta l’impronta ecologica dell’uomo, ossia il consumo di natura causato dalle sue attività, e diminuiscono le scorte della vita, ossia la biodiversità. Il WWF registra il fenomeno e lancia l’appello nel Living Planet Report 2014

•• Parla in nome del Pianeta inquinato il WWF, e sventola al mondo – che spera lo ascolti – i fogli in cui ha trascritto i dati raccolti sulla salute della Terra, puntuale conferma di una malattia conclamata. L’indagine è riportata nel Rapporto internazionale Living Planet Report 2014 e racconta come l’umanità sia giunta pericolosamente ai limiti del suo spazio vitale.

Per l’Italia il rapporto è stato presentato a Milano allo spazio TIM4Expo in Triennale alla presenza di Donatella Bianchi Presidente WWF Italia, Gianfranco Bologna direttore scientifico WWF Italia, con un video-intervento di Maurizio Martina Ministro Politiche agricole, Barbara Degani sottosegretario Ministero Ambiente, Filippo Ciantia EXPO 2015, Giosuè De Salvo Comitato per l’Expo dei popoli, Ada De Cesaris vice-Sindaco di Milano.

Un mondo in declino

In un mondo che non gode di buona salute nemmeno sotto l’aspetto politico e sociale, il deficit ecologico, in costante aumento, rappresenta una spinta determinante a cercare soluzioni.

L’appello sulla presenza della popolazione nelle varie specie registra che il numero di mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci si è più che dimezzato in soli 40 anni. Diminuisce l’impronta della natura, con la contrazione della popolazione delle varie specie, con l’abbattimento delle foreste, ecc…, ed aumenta vertiginosamente quella dell’uomo. Lo studio, quindi, si è impegnato in maniera particolare nella valutazione delle «presenze» in natura. Ha aggiornato la metodologia monitorando con più cura la biodiversità globale. Sorvegliate speciali le popolazioni di oltre 10.000 specie di vertebrati dal 1970 al 2010 attraverso lo strumento Living Planet Index un database mirato realizzato dalla Zoological Society of London.

Sotto la lente d’ingrandimento anche l’impronta ecologica umana predisposta dal Global Footprint Network.

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Mentre dunque i risultati mostrano come lo stato delle specie sia peggiorato rispetto ai precedenti rapporti, il Living Planet Report 2014 fa luce sulle soluzioni disponibili.

I risultati del rapporto 2014 mostrano in modo chiaro, come non si è mai verificato prima d’ora, che non possiamo permetterci più di perdere tempo. È essenziale cogliere l’opportunità, finché siamo in grado di farlo, di sviluppare soluzioni sostenibili e creare un futuro dove potremo vivere e prosperare in armonia con la natura”. A parlare alla conferenza di presentazione del Rapporto – edizione numero dieci – è stata Donatella Bianchi , Presidente del WWF Italia, che ha continuato: “La nostra è una chiamata urgente all’azione, non possiamo più aspettare. La biodiversità è una parte cruciale del sistema che sostiene la vita sulla Terra oltre che il barometro di quello che stiamo facendo alla Terra, la nostra unica casa. Abbiamo la necessità urgente di agire in tutti i settori della società per costruire un futuro più sostenibile”.

SOS biodiversità

Un patrimonio in calo. Una povertà che a lungo andare può scrivere la parola fine alla «umana sostenibilità». Dal fronte «pesci, uccelli, mammiferi, anfibi e rettili» il rapporto registra un calo delle popolazioni di circa il 52% dal 1970.  Dal fronte «acqua dolce» un tasso di «dispersione» da brivido: un declino del 72%, ossia una perdita quasi doppia rispetto alle specie terrestri e marine. La maggiore tendenza in negativo si registra nelle regioni tropicali in particolare dell’America Latina.

Il rapporto mostra come la minaccia maggiore alla biodiversità derivi dalla combinazione tra l’impatto della perdita di habitat e il loro degrado. Pesca e caccia (compreso il gravissimo problema del bracconaggio) sono altre minacce significative. I cambiamenti climatici stanno diventando sempre più preoccupanti e, come documentato da numerose ricerche raccolte nel rapporto, i cambiamenti climatici sono già responsabili della possibile estinzione di diverse specie.

È allarmante il livello raggiunto dalla perdita di biodiversità e i danni provocati agli ecosistemi essenziali per la nostra stessa esistenza” dice Gianfranco Bologna, Direttore scientifico del WWF Italia. “Questi danni non sono inevitabili ma costituiscono una conseguenza del modo che abbiamo scelto di vivere. Sebbene il rapporto mostri come la situazione sia critica, vi sono ancora spazi per la speranza, ma è necessario non perdere altro tempo. Per proteggere la natura è necessaria un’azione incentrata sulla conservazione attiva, la volontà politica e un chiaro e significativo supporto da parte delle imprese.”

Una nota di controcanto alla perdita di biodiversità la intonano le aree protette. Quando gestite efficacemente, infatti, – garantisce il WWF nel documento – assumono «potere» nella salvaguardia della fauna selvatica. Un esempio eclatante dal Nepal: grazie ad attività concrete di conservazione negli ultimi anni si è verificato un incremento della popolazione di tigri. Nel complesso, le popolazioni nelle aree protette in ambienti terrestri soffrono meno della metà del tasso di declino presente nelle aree non protette.

Divoratori di risorse, lente a riprodursi…

Secondo il rapporto, la domanda di risorse naturali dell’umanità è oltre il 50% più grande di ciò che i sistemi naturali sono in grado di rigenerare. Sarebbero necessarie una Terra e mezza per produrre le risorse necessarie per sostenere la nostra attuale Impronta ecologica. Questo superamento globale significa, in pratica, che stiamo tagliando legname più rapidamente di quanto gli alberi riescano a ricrescere, pompiamo acqua dolce più velocemente di quanto le acque sotterranee riforniscano le fonti e rilasciamo CO2 più velocemente di quanto la natura sia in grado di sequestrare.

L’Overshoot (il «sorpasso») ecologico è la sfida che definisce il XXI secolo” ha detto Donatella Bianchi. “Quasi tre quarti della popolazione mondiale vive in paesi in serie difficoltà, con un deficit ecologico unito a un basso reddito. La crescita di domanda di risorse naturali chiede che ci concentriamo su come migliorare il benessere umano attraverso meccanismi diversi da quelli mirati alla continua crescita”. Separare il rapporto tra la nostra impronta ecologica e il nostro sviluppo è una priorità globale, sostiene rapporto. L’obiettivo per tentare di invertire la pericolosa tendenza – che registra come l’Impronta ecologica pro capite dei paesi ad alto reddito sia in media di cinque volte superiore a quella dei paesi a basso reddito – è la possibilità di aumentare il tenore di vita utilizzando meno risorse naturali. Nella lista dei 10 paesi con la più alta impronta ecologica pro capite sono: Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Danimarca, Belgio, Trinidad e Tobago, Singapore, Stati Uniti d’America, Bahrein e Svezia.

Cambiamento climatico e ricadute

Il rapporto esce dopo la pubblicazione dei tre volumi del nuovo rapporto dell’Intergovernamental Panel on Climate Change (IPCC) che a fine ottobre presenterà il Synthesis Report del suo rapporto e dopo il Climate Summit voluto dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon in apertura dell’ultima Assemblea generale dell’ONU. Ormai è chiaro a tutti che il cambiamento climatico sta già influenzando il delicatissimo equilibrio dinamico dello stato di salute del pianeta che, in qualche modo, ha caratterizzato gli ultimi 10.000 anni nei quali l’umanità è giunta al livello di civilizzazione attuale con una popolazione che ha superato i 7.2 miliardi.

Secondo il Living Planet Report 2014, più di 200 bacini fluviali, dove vivono oltre 2,5 miliardi di persone, soffrono una grave scarsità d’acqua per almeno un mese ogni anno. Con quasi un miliardo di persone che già soffrono la fame, il rapporto mostra come il cambiamento climatico in sinergia con le modificazioni di uso del suolo, minaccia la biodiversità e potrebbe portare a ulteriori carenze alimentari.

È quindi fondamentale procedere speditamente ad un negoziato serio che consenta di raggiungere nel 2015, in occasione della Conferenza delle Parti della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici che avrà luogo a Parigi, un accordo internazionale sul clima mirato a ridurre seriamente le emissioni di gas serra. Questo accordo globale dovrebbe rappresentare l’«antefatto» per l’avvento di un’economia a basse emissioni di carbonio, fattore dominante nell’Impronta ecologica.

Negoziati importanti, come quello che si sta discutendo in sede Nazioni Unite per indicare gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che caratterizzeranno l’agenda globale dello sviluppo per i prossimi quindici anni e che saranno approvati nel 2015, sono fondamentali per creare le corrette opportunità per tutti i paesi di riuscire a sostenere una popolazione mondiale che raggiungerà i 9,6 miliardi nel 2050 riuscendo contestualmente a tutelare i sistemi naturali.

L’impronta ecologica… di un gigante!

L’indicatore dell’Impronta ecologica, mostra che tutti i 27 dell’Unione europea vivono oltre i livelli di «un pianeta» e fanno inoltre pesantemente affidamento sulle risorse naturali di altri paesi. Se tutti gli abitanti della Terra mantenessero il tenore di vita di un cittadino europeo medio, l’umanità avrebbe bisogno di 2,6 pianeti per sostenersi. 2,6 pianeti è anche l’impronta ecologica dell’Italia.

“Impronta ecologica dell’UE è troppo grande. Le nostre attività economiche stanno contribuendo alla perdita di biodiversità e degli habitat, sia in patria che all’estero – questo mina i sistemi naturali dai quali dipendiamo per il cibo che mangiamo, l’aria che respiriamo e il clima stabile di cui abbiamo bisogno. Abbiamo un ruolo significativo, in questo periodo di presidenza italiana del semestre europeo, nell’indirizzare al meglio le politiche dell’Unione verso una reale economia verde e per promuovere il benessere dei cittadini europei “ ha dichiarato Bologna.

Le emissioni globali di anidride carbonica (CO?) – la principale causa del riscaldamento globale – incidono già negativamente sulla biodiversità del pianeta e sulla sua biocapacità, inficiando il benessere umano, con particolare riguardo al cibo e all’acqua. L’impronta di carbonio dell’Europa costituisce quasi il 50% della sua impronta ecologica totale, a causa dell’uso di combustibili fossili come carbone, petrolio e gas naturale.

Comunque si diffonde su questa sfida, una leggera brezza di ottimismo sulle soluzioni possibili e vicine. Il Consiglio europeo che si terrà a Bruxelles il 23 e 24 ottobre vedrà i capi di Stato e di governo decidere sul pacchetto “clima ed energia” dell’UE fino al 2030; mentre a livello globale, la Conferenza delle Parti della Convenzione sui Cambiamenti Climatici ONU, che avrà luogo a Lima nel mese di dicembre e quella già ricordata di Parigi nel 2015, costituiranno la sede per chiudere l’accordo globale per contenere gli effetti pericolosi del riscaldamento globale.

“Il WWF è preoccupato che l’ambiente sia stato declassato nelle nuove proposte della Commissione europea. Crediamo che un’agenda ambientale lungimirante e innovativa debba comprendere la green economy e i green jobs così come i legami tra ambiente, sviluppo, cambiamento climatico, politica estera e sicurezza. Ancor peggio di questo crediamo che l’ambiente sia stato retrocesso con queste nuove proposte. Il mandato ambientale con le direttive Uccelli e Habitat sta chiaramente andando nella direzione della deregolamentazione, e quindi la strategia dell’UE sulla biodiversità è fortemente minacciata”.

Un «rapporto» su cui costruire il futuro

Rappresenta una piattaforma ideale di dialogo e confronto il Living Planet Report 2014 per il processo decisionale e di azione che devono decidere e sostenere governi, imprese e società civile in un momento critico per l’intero pianeta.

Il rapporto illustra la «One Planet Perspective» del WWF (la prospettiva di un solo pianeta) indicando le strategie per conservare, produrre e consumare più saggiamente, con esempi concreti su come molte comunità locali stiano già facendo, le scelte migliori per ridurre l’impronta e la perdita di biodiversità.

La natura costituisce sia un’ancora di salvezza per la sopravvivenza che un trampolino di lancio verso la prosperità. È importante sottolineare che siamo tutti sulla stessa barca. Abbiamo tutti bisogno di cibo, acqua dolce e aria pulita – in qualsiasi parte del mondo viviamo. In un momento in cui tante persone vivono ancora in condizioni di povertà, è essenziale lavorare insieme per creare soluzioni che funzionano per tutti ” ricorda Marco Lambertini, Direttore generale del WWF Internazionale.

Roberta Di Giuli
[3 Ott 2014]